Oggi è Natale, tempo di favole.
C'era
una volta.... un re, direte voi. No, c'era un presidente della Repubblica. In
quel Paese la monarchia non esisteva da tempo. Questo presidente era un uomo
molto anziano, con le fattezze di un re scomparso. Il suo portamento,
nonostante l'incedere dell'età, era regale, altero. Pur non essendo un re,
regnava come un re. Viveva in una reggia che superava per sfarzo i palazzi
dei reali d'Europa. Come un regnante nominava i suoi primi ministri, sempre
però con il massimo rispetto delle istituzioni repubblicane, da lui
perfettamente incarnate. La vita del presidente si era svolta da sempre nei
palazzi del regno, pardon della Repubblica, sin dalla sua giovinezza. La sua
presenza in quei luoghi datava ad anni lontani quando la maggior parte dei suoi
sudditi, pardon cittadini, non erano ancora nati e regnava su tutte le Russie
un tiranno di nome Stalin che, per alcuni, era un sincero democratico. Il
vecchio signore era una presenza intramontabile. Rassicurante. La parola del
presidente era sacra, inviolabile, non poteva essere udita dai magistrati.
Quando ciò accadeva e una sua conversazione con un indagato veniva registrata, il
presidente faceva cancellare i nastri. Il suo nome, come quello di Dio, non
poteva essere nominato invano neppure nelle assise parlamentari. Il presidente
non aveva data di scadenza, pur prevista nella Costituzione, e si faceva
rieleggere, per il bene del Paese. Alla sua seconda rielezione contribuì un
signore pluri indagato, pluri processato, che venne condannato in via
definitiva e poi allontanato dal Senato. Ma il vecchio presidente come poteva
saperlo? Era quasi immortale, da lui però non si poteva pretendere anche
l'onniscienza. Che sapesse ciò che tutti sapevano. Il presidente si credeva
indispensabile, unico baluardo prima dello sfascio della nazione, argine
insostituibile. Si circondava, come un vero re, di corti di saggi scelti con
estrema oculatezza che avrebbero dovuto riscrivere le regole. Dettava le
condizioni del suo permanere ai primi ministri, ridotti alla stregua di gran
ciambellani. Più invecchiava, più capiva che lui, solo lui, poteva invertire un
percorso che si annunciava autodistruttivo. Non capiva perciò la contrarietà e
perfino l'astio che molti dei cittadini gli rivolgevano. E' vero che non si
era opposto energicamente ad alcune leggi vergogna, come il lodo Alfano che
persino un bimbo avrebbe bocciato come incostituzionale e che si era preso
libertà che sconfinavano dal suo ruolo, ma era per il bene supremo del Paese.
Ogni anno a Capodanno, da tempo immemore, il presidente faceva un discorso al
popolo. Questa tradizione si ripete forse l'ultima volta. A gennaio lo
aspetta una richiesta di impeachment per la sua decadenza. Un atto
spiacevole verso chi ha dedicato la sua intera esistenza alla patria. Un atto
da parte di una forza politica a lui forse ignota, della cui presenza non si
era accorto, il presidente non sentiva infatti i boom. L'impeachment è un atto
d'amore per consentirgli di godere un meritato riposo con la sua famiglia e di
trascorrere serene giornate sulle panchine del Pincio con dei vecchi amici.
Chissà se ringrazierà. Merry Christmas, mister President.
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