Prima di tutto vennero a prendere gli zingari e fui contento perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali e fui sollevato perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti ed io non dissi niente perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me e non c'era rimasto nessuno a protestare.
(Bertolt Brecht)

venerdì 4 ottobre 2019

Mai più nessuno come voi





Posologia della DIGITAL TRANSFORMATION

È vero, stiamo tutti considerando la Trasformazione Digitale per quello che realmente rappresenta, cioè una vera e propria rivoluzione, un cambiamento epocale.

Detto questo però, è anche vero che stiamo rendendo questo argomento a volte troppo ostico e difficile da capire agli imprenditori , e non solo.

Le tecnologie a supporto e catalizzatrici di questo "cambio di passo", hanno raggiunto “livelli” mai pensati fino a qualche tempo fa e, sicuramente, progrediranno ancora in modo esponenziale nei prossimi anni (#Huawei studia e progetta già il 6G).

Ora, anche se tutto questo è vero, vi domando:

è giusto caricare e volere attribuire alle PMI tutta una serie di competenze tecnologiche specifiche e specializzate per dare loro consapevolezza di come progredire nel loro percorso “digitale"?

Secondo me no.

Mi spiego meglio:

l’imprenditore deve sicuramente rielaborare la sua strategia d’impresa in relazione a le nuove opportunità digitali, ma deve essere anche portato a capire che per modificare il suo lavoro o parte di esso, può utilizzare strumenti di semplice utilizzo.

Applicazioni e “attrezzi" user friendly.

Mettere in sicurezza i propri dati, utilizzare connessioni sicure, monitorare i propri processi, controllare i propri automezzi, agevolare i flussi , migliorare la comunicazione e la collaborazione in azienda, fare parlare tra loro i propri “macchinari, eliminare il cartaceo, fidelizzare e assistere la propria clientela, e molto altro, è relativamente facile purché si sia disposti a farlo e si prenda in analisi ogni aspetto gradatamente e con i “giusti strumenti".

Esattamente come la POSOLOGIA indicata per esempio sui medicinali.

Per rendere più leggero questo articolo e non e non “tradire” il mio intento di “sdrammatizzare” l'applicazione della Trasformazione digitale, chiudo in modo un po’ ironico citando un proverbio:


“Il troppo stroppia"

Autore Paolo Agatoni - Linkedin

venerdì 19 ottobre 2018

giovedì 16 agosto 2018

Semplicemente vero...



Usa, "Odio il cellulare di mia madre": 

il tema di un bimbo di 7 anni diventa un caso

Un'insegnante statunitense ha deciso di condividere su Facebook il tema di un suo alunno di 7 anni. 
Il motivo? 
Il bimbo scrive che l'invenzione che detesta maggiormente è lo smartphone perché i suoi genitori "sono sempre al cellulare".
 La traccia del componimento era "Descrivete un'invenzione che non vi piace" e la maestra è stata sorpresa dalle risposte dei suoi alunni: 4 bimbi su 21 hanno infatti indicato il telefono cellulare come l'invenzione maggiormente detestabile. 

"Ascoltate i vostri bimbi e lasciate i cellulari", ha scritto su Facebook la maestra

fonte )

Il sorpasso



1962
Regia: Dino Risi
cast:
Vittorio Gassman, Jean-Louis Trintignant, Catherine Spaak, Claudio Gora, Luciana Angiolillo, Linda Sini
 

martedì 14 agosto 2018



lunedì 13 agosto 2018

Il Social-Aforismo... l'ideologia dei nostri tempi


Vorrei tornare a votare a sinistra più di quanto mi sarei mai aspettato, ma non la trovo.

Dicono che ormai le ideologie non esistano più… è questo il falso su cui tutti dovremmo riflettere.

Le differenti ideologie esistono e sono sempre attuali;
determinano il differente modo di approciare problemi.

Ognuno di noi dovrebbe compiere scelte in relazione a quello in cui crede o meglio ancora, abituarsi a ragionare e relazionarsi con il mondo che lo circonda avendo dei propri riferimenti.

Ahh scusate... ci sono Facebook e Twitter con il loro patrimonio inesauribile di aforismi ...

A questo punto per essere contemporaneo e incoerente, chiudo il post con un bellissimo aforisma...




La conoscenza è un dono inestimabile. 
Ma l’illusione della conoscenza può essere più pericolosa dell’ignoranza.

giovedì 9 agosto 2018

9 agosto 1945, la bomba atomica su Nagasaki

Foto di Joe O’Donnell



Uno scatto che vale più di mille parole. Una fotografia che racconta in un silenzio assordante, come solo una fotografia può fare, la tragicità della guerra, descritta negli occhi spenti di un ragazzino orfano di dieci anni.

fonte )

mercoledì 8 agosto 2018

E io pago


martedì 7 agosto 2018

Rino Gaetano, un mito in autostop e la sua tragica fine


La leggenda breve del cantautore calabrese scoperto da Lucio Dalla, che lo caricò sulla sua Porsche. Fino alla sua morte nel 1981 in un incidente stradale come il suo idolo Fred Buscaglione

Rino Gaetano 
Rino Gaetano
A ripensarci, non c’è niente di più tristemente profetico di una canzone intitolata «Mio fratello è figlio unico» e scritta da un ragazzo che di lì a qualche anno rimarrà vittima di un incidente stradale. In realtà, è stato detto tante volte che il presagio più inquietante, nei testi di Rino Gaetano, è consegnato a «La ballata di Renzo», che racconta l’odissea di un giovane in fin di vita respinto da più ospedali romani: «La strada molto lunga / s’andò al San Camillo / e lì non lo vollero per l’orario./ La strada tutta scura / s’andò al San Giovanni / e lì non lo accettarono per lo sciopero...».
La tragedia
Canzone del 1971 che anticipava di dieci anni la tragedia che avrebbe vissuto lo stesso Rino, trentenne calabrese allegro, un po’ pazzoide e un po’ ribelle, dopo l’incidente avvenuto sulla Nomentana la notte del 2 giugno 1981, alle 3.55. Mentre tornava a casa sulla sua Volvo 343, Rino rimase travolto da un camion Fiat 650 che viaggiava in senso opposto all’altezza di via Carlo Fea. L’autista del camion, Antonio Torres, di anni 37, disse di aver visto l’auto sbandare paurosamente ad alta velocità e andare a sbattere contro la fiancata dell’autotreno.
Respinto dagli ospedali
Così raccontò la cronaca del «Corriere» il giorno dopo: «Soccorso dagli agenti della polizia stradale di Settebagni, il cantautore veniva portato in gravi condizioni all’ospedale». Sarebbe morto alle sei del mattino. Ma come il Renzo della canzone, anche Rino era stato respinto da diversi ospedali che non erano in grado di accogliere un uomo con il cranio sfondato. Il «Messaggero» precisò che l’ambulanza (dei Vigili del Fuoco) aveva chiesto ospitalità al Gemelli, al San Filippo Neri, al San Giovanni, al Cto della Garbatella, al San Camillo. Invano. Il Policlinico, l’ultima spiaggia, non era attrezzato per interventi di neurochirurgia, come ammise il direttore sanitario dell’ospedale. Quindici giorni dopo, Rino avrebbe dovuto sposare Amelia, la sua fidanzata di Fondi. Partì un’inchiesta, che sarebbe stata archiviata dopo dieci anni. «Come Buscaglione», titolarono i giornali. Nessuno scrisse: come Renzo.
Come Buscaglione
Salvatore Antonio Gaetano, detto Rino, nato a Crotone il 29 ottobre 1950, a dieci anni arriva a Roma, con un fratello, una sorella, un padre e una madre in cerca di lavoro. Il padre riesce a sistemarsi come portinaio in un palazzo di Monte Sacro e Rino non vuole saperne di studiare: ha in testa la musica, a vent’anni comincia a scrivere e a suonare da «autodidatta della chitarra», come si è sempre definito, con una passione particolare per il «duro di Chicago», Buscaglione, figlio a sua volta del portinaio di Piazza Cavour 3 a Torino e morto giovane anche lui, proprio in quel 1960 in cui Rino si trasferisce nella capitale, per uno schianto in auto (una Ford Thunderbird rosa) contro un camion, anche lui spirato al Policlinico, dove fu portato agonizzante dal primo autobus che passava. Tante coincidenze. Come l’incontro di Gaetano con Lucio Dalla in autostrada: il ragazzo meridionale, ancora sconosciuto, fa l’autostop verso Roma con una chitarra in mano e il cantautore già famoso lo carica sulla sua Porsche. Da lì, l’ingresso nella casa discografica It, quella di De Gregori, Cocciante e Venditti. 


 

 

lunedì 6 agosto 2018

Cult


domenica 5 agosto 2018

B&W


Capolavoro


sabato 4 agosto 2018

L’informazione e le sue astuzie



04 Agosto 2018

Due giorni di articoli sui quotidiani che riportano e evidenziano casi di mancata o inadeguata assistenza in qualche pronto soccorso italiano e la sanità entra nell’occhio del ciclone.

Due giorni analoghi di articoli che dicono che l’aereo di Stato “di Renzi” è stato ed è uno spreco oltraggioso nei confronti di tutti i cittadini italiani onesti lavoratori e tutti ci scandalizziamo.

Un furto in appartamento fatto da “zingari” e siamo tutti autisti di ruspe esperti in sgomberi forzati.

La lista con un po' di pazienza si potrebbe allungare di molto, ma non è questo il punto.

Non voglio entrare nel merito della reale gravità dei problemi che questi fatti di cronaca quotidiana portano in primo piano, ma più “banalmente” (si fa per dire) a come, secondo me, sia così facile distrarre e manipolare strumentalmente il nostro modo di vivere nella Società.

La sanità italiana è sempre stata perfetta?
La classe politica italiana è sempre stata perfetta?
Gli “zingari” sono sempre stati perfetti?

Ma se le risposte a queste domande sono facili da darsi e soprattutto le stesse da almeno 50 anni, cosa ci rende “oggi” così intolleranti e integerrimi?

Sicuramente dalla nostra parte c’è un sempre crescente e giustificato senso di saturazione e “disperazione” nel convivere in una Società che abbiamo imparato essere sempre più “lontana” dal riconoscerci i nostri “diritti basilari”.
Ma allora perché, leggendo la quasi totalità dei giornali italiani, o non da meno seguendo buona parte dei TG nazionali e locali, non si riesce mai a capire semplicemente quanto accaduto?
lo stesso fatto è metodicamente declinato in modi diametralmente diversi a seconda delle testate e  farsi un idea precisa di ciò che ci accade intorno è impresa molto faticosa.

Un uovo scagliato in faccia ad una persona, è un fatto violento e grave che deve essere perseguito. Che condanna prevede questo fatto? Hanno identificato (si) il colpevole? E’ stato giudicato? Dove e come sconterà la sua pena? Può esserci stata una motivazione razziale in questo gesto e supportata da quali prove emerse dalle indagini?

Questa è  l’informazione che dovremmo avere.

 Spostare la nostra attenzione invece, per due giorni e non di più (quasi come fosse una rigorosa prescrizione medica di durata della terapia) ,
su considerazioni quali:
  •           il gesto può essere più o meno grave a seconda della tessera del partito di appartenenza  del        “deficiente” che l’ha tirato;
  •           se l’uovo del delitto è di gallina allevata a terra o di allevamento;
  •           se lo stesso “deficiente” di cui sopra ha tirato l’uovo con la mano destra o con la sinistra;


significa portare il livello esposizione e analisi del fatto al ridicolo rendendolo cosi pronto ad essere facilmente riproposto a seconda delle convenienze e dell’obbiettivo al cui si vuole arrivare.

Per fare un esempio è come avere una costruzione di mattoncini Lego che riproducono un bellissimo mulino a vento d’altri tempi che viene smontato per poi con gli stessi pezzi costruire un carro armato panzer tedesco; non abbiamo di certo utilizzato nuovi pezzi o nuovi elementi quindi siamo nel pieno della legittimità di asserire che stiamo presentando lo stesso prodotto.

Come mai ciò che ci “inviperisce” e scandalizza oggi, domani scompare dall’immaginario collettivo e colpevolmente da quasi tutti i canali di comunicazione?

Mi trovo d’accordo con chi afferma che è la nostra colpevole disattenzione e pigrizia a renderci cosi influenzabili dai “media”;
trovare delle opinioni preconfezionate e condite il più delle volte di slogan “beceri”  ma veloci, pompati a dismisura sui Social risulta essere meno faticoso. 

Il “mi piace” o la condivisione di una “vignetta” rassicura la nostra coscienza di bravi cittadini, appaga il nostro senso civico di partecipazione facendoci credere di essere informati sui fatti.

Si è vero, noi comuni cittadini abbiamo parte della colpa e questo problema è segno, secondo me, di  un vuoto culturale importante ma in fondo colmabile.
L’aspetto intollerabile invece è quello che a un “giornale”  non sia più chiaro il compito primario di fornire un’informazione chiara e oggettiva.
Scusate... a dir loro (i media) tutti sono portatori di questo spirito alto e nobile, miopi però allo stesso tempo di vedere che scrivono contemporaneamente tutto e il contrario di tutto.

Un ladro ruba in un supermercato, è un extracomunitario, no era italiano, peggio era un extracomunitario nero, no un pensionato, ma pensionato baby o anziano con la minima sociale?

Il colore e la nazionalità o lo stato sociale fanno prendere poi, a seconda delle testate che ce lo raccontano, percorsi di narrazione molto diversi tra loro, dove scompare il fatto di cronaca per lasciare spazio alle più ardite speculazioni politiche che coinvolgono il governo, l’opposizione, le istituzioni e dove finanche il guaritore indiano (con tutto il rispetto) trova a che dire in collegamento su skype dal suo eremo ai confini del mondo proponendo la sua teoria ancestrale sull’avvenimento accaduto.
Capire semplicemente cosa è accaduto, chi sono le persone coinvolte e quali sono le loro storie, sapere se il colpevole è stato catturato, se ci sono stati feriti, se le indagini sono in corso e quando concluse avere notizie in merito, sarebbe così assurdo?

Ora, capisco che una risposta facile ad ogni domanda non è possibile sempre da darsi, che spunti e articoli di approfondimento siano necessari per capire bene i problemi, ma perché oggi non si riesce a fare più una distinzione chiara tra un fatto e un’opinione?

Qualche riga sopra ho frettolosamente accennato a un “vuoto culturale”; lungi da me volere apparire come un pomposo intellettuale che non sono nemmeno lontanamente, ma usando ragionando e guardandomi intorno una cosa semplice mi viene da dirla:

ore e ore quotidianamente spese da tutti noi con gli occhi incollati al video dei nostri telefonini e tablet, social, internet, youtube, videogiochi.... ma leggere un libro, una rivista di approfondimento su qualsivoglia argomento sia di nostro interesse e che possa realmente aiutarci a comprendere quello che ci accade intorno, che ci aiuti ad ampliare almeno un po' i nostri orizzonti, che ci porti a considerare qualcosa di diverso da quello che accade solo davanti al nostro uscio di casa, 
che ci permetta a volte forse di meglio apprezzare quanto abbiamo e non pensare solo a quello che ci piacerebbe ancora avere?


Agavoice

martedì 31 luglio 2018

Fine della pausa

Senza tanti preamboli, sono a riprendere "qualche" attività in questo blog da tempo tenuto parcheggiato.

Non so l'impostazione esatta che segnerà questo "nuovo inizio", ma per certo sarà un mio personale esercizio mentale cercare di proporre e ragionare su tanti argomenti scrivendo le mie considerazioni e pensieri.

Il blog tiene traccia di tutti gli articoli pubblicati nel corso degli anni e testimoniano come sono cambiate, spesso radicalmente, le mie opinioni su alcuni temi; trovo questo aspetto interessante, divertente e fisiologico nel mio percorso e forse anche un elemento che appartiene a molte persone.

Paolo

venerdì 9 dicembre 2016

L'ODORE DEL PANE



Istat: in Italia oltre una persona su quattro a rischio povertà o esclusione


di Andrea Gagliardi  6 dicembre 2016 (dal  Sole 24 ore)




Nel 2015 si stima che il 28,7% delle persone residenti in Italia sia a rischio di povertà o esclusione sociale. È quanto si legge nel rapporto dell'Istat su condizioni di vita e reddito. La quota è sostanzialmente stabile rispetto al 2014 (era al 28,3%) a sintesi di un aumento degli individui a rischio di povertà (dal 19,4% a 19,9%) e del calo di quelli che vivono in famiglie a bassa intensità lavorativa (da 12,1% a 11,7%). Resta invece invariata la stima di chi vive in famiglie gravemente deprivate (11,5%).

17,5 mln persone a rischio povertà-esclusione
Nel 2015 in Italia l'Istat stima dunque in 17 milioni 469 mila le persone a rischio povertà o esclusione
sociale. Questa la traduzione in numeri assoluti di una
percentuale pari al 28,7%. Numeri che, scrive l'Istituto, vedono gli obiettivi prefissati dalla Strategia Europea 2020 «ancora lontani». Entro il 2020, infatti, l'Italia dovrebbe ridurre gli individui a rischio sotto la soglia dei 12 milioni 882 mila. Oggi la popolazione esposta è invece «superiore di 4 milioni 587 mila unità rispetto al target previsto».

Al Sud quasi 1 su 2 a rischio povertà-esclusione
Il Mezzogiorno è ancora l’area più esposta. Quasi la metà dei residenti nel Mezzogiorno risulta a rischio povertà o esclusione sociale. Lo stima ancora l’Istat calcolando che nel 2015 la percentuale di esposizione nell'Italia meridionale è pari al 46,4%, in rialzo sul 2014 (45,6%) e notevolmente maggiore rispetto alla media nazionale (28,7%). Al Centro, infatti, la soglia si ferma
al 24% e al Nord al 17,4%. «I livelli sono superiori alla media nazionale in tutte le regioni del Mezzogiorno, con valori più elevati - spiega l'Istat - in Sicilia (55,4%), Puglia (47,8%) e Campania (46,1%).

Diseguaglianza redditi sopra media d’Europa
Non solo. In Italia la diseguaglianza tra redditi e tra le maggiori in Europa.
«Una delle misure principali utilizzate nel contesto europeo per valutare la disuguaglianza tra i redditi degli individui è l’indice di Gini. In Italia - segnala l’Istat nel suo rapporto su condizioni di vita e reddito - esso assume un valore pari a 0,324, sopra la media europea di 0,310, ma stabile rispetto all’anno precedente». Nella graduatoria dei Paesi dell'Ue «l’Italia occupa la sedicesima posizione assieme al Regno Unito». Distribuzioni del reddito più diseguali rispetto all'Italia si rilevano in altri Paesi dell'area mediterranea quali Cipro (0,336), Portogallo (0,340), Grecia (0,342) e Spagna (0,346). In Italia l'indice di Gini è più elevato nel Sud e nelle Isole (0,334) rispetto al Centro (0,311) e al Nord (0,293).

Aumentate distanze tra ricchi e poveri, 37,3% reddito a 20% più ricchi
Non a caso aumentano le distanze tra ricchi e poveri. Il 20% più ricco delle famiglie percepisce il 37,3% del reddito equivalente totale, il 20% più povero solo il 7,7%. La stima è dell'Istat a valere sui dati 2014. L'Istat segnala anche, nella rilevazione sulle condizioni di vita e reddito, che dal 2009 al 2014 il reddito in termini reali cala più per le famiglie appartenenti al 20% più povero, ampliando la distanza dalle famiglie più ricche il cui reddito passa da 4,6 a 4,9 volte quello delle più povere.


ovvero (secondo la definizione adottata nell'ambito della Strategia Europa 2020) si trovano almeno in una delle seguenti condizioni: rischio di poverta', grave deprivazione materiale, bassa intensita' di lavoro


FONÈ RECORDS - 30 anni in Alta Fedeltà








Nell’ambito del mercato discografico Classico e Jazz, fonè propone da oltre trent’anni delle incisioni realizzate all’insegna della ricercatezza tecnologica e miranti al recupero delle atmosfere musicali originali.

Ogni nuova realizzazione è il risultato di un incontro appassionato tra arte dell’esecuzione ed arte dell’incisione e mira a ricreare e riprodurre lo stesso spirito con cui le opere del passato sono state eseguite. 
Un’aspetto basilare, che fa la differenza tra fonè e gli altri, è la registrazione delle opere musicali in luoghi naturali e originali, costante produttiva che porta a scegliere di volta in volta lo spazio storicamente più adatto: chiesa, teatro, villa, salotto…
Tutto ciò avviene recuperando una semplicità di incisione che non fa violenza alla musica: tutte le apparecchiature sono allo stato dell’arte.
Si utilizzano coppie di microfoni a valvole Neumann degli anni 1947 e 1949 (U47, U48 e M49) dalla timbrica naturalissima usando tecniche bimicrofoniche ad effetto di campo. 
Questi microfoni hanno una storia importante: sono infatti i microfoni originali utilizzati per registrare le esecuzioni dei Beatles nello Studio di Abbey Road e dalla RCA per le registrazioni “Living Stereo”.
Non si effettua alcuna manipolazione elettronica del segnale, né alcuna artificiosa correzione, espedienti che se rendono un suono più facile da incidere, è pur vero che lo snaturano in modo inaccettabile.
Con questa metodologia si arriva a trasferire le informazioni musicali sullo standard analogico (per la produzione su supporto vinile vergine 180gr. e 200gr.) sullo standard digitale DSD-SACD (per la produzione su supporto Super Audio CD) e sul nuovissimo standard digitale DSD-Signoricci CD (per la produzione su supporto Signoricci e CD GOLD 24 Karati).
fonè utilizza: per lo standard analogico macchine Nagra 4S, Studer C37 e J37 e Ampex ATR 102; per lo standard digitale, in collaborazione con Philips, processori DSD (Direct Stream Digital) ultimissimo ritrovato della tecnologia che ha aperto le porte al SACD. 

Per tutte le fasi successive di lavorazione e di controllo, in cui occorre un riascolto del suono, vengono utilizzati sistemi di riproduzione molto sofisticati.






(sito internet fonè)

Vynil


Maurizio Pallante - Decrescita felice e stili di vita






Gli stili di vita della decrescita promuovono la sobrietà, la sostenibilità (ecologica e sociale), la calma e le relazioni fra le persone. 
Valorizzano la convivialità, la cooperazione e l'altruismo a scapito dell'individualismo, della competizione e dell'egoismo; il gioco disinteressato e il piacere di godere del proprio tempo libero rispetto alla frenesia del lavoro e del fare sempre di più! 
Vorrebbero un essere umano che si ponga in maniera diversa nei confronti dei suoi simili e nei confronti della natura, in una atteggiamento più di armonia, che di sfruttamento; un atteggiamento in cui la frenesia dei tempi moderni possa lasciare sempre più spazio alla lentezza, alla contemplazione ed ad una piena espressione della propria affettività che non può che portare con sé una maggiore serenità. 




Sviluppo sostenibile


Lo sviluppo sostenibile è una forma di sviluppo economico che sia compatibile con la salvaguardia dell'ambiente e dei beni liberi per le generazioni future.

(Wikpedia)

giovedì 8 dicembre 2016

sabato 24 maggio 2014

Renzi, sciacquati la bocca quando parli di Berlinguer

di Andrea Scanzi, da ilfattoquotidiano.it, 23 maggio 2014


Enrico Berlinguer è irripetibile. Non può avere eredi politici e con lui è morta la sinistra italiana.

E’ un uomo che ha amato così tanto la politica da preferire, in quel maledetto comizio di Padova, l’amore per la sua gente alla salute personale. E’ morto per loro, si è sacrificato per loro. Se Beppe Grillo si fosse paragonato a lui, la sua stessa gente lo avrebbe lapidato. E avrebbe fatto bene a lapidarlo. Ma ovviamente non lo ha fatto: ha semplicemente detto, citando l’ex responsabile berlingueriano Pci alla Giustizia Giuseppe Zupo, che il tema della “questione morale” è ormai caro soltanto al Movimento 5 Stelle.

Non è neanche un’opinione: è un dato di fatto, che chiunque ha un minimo di onestà intellettuale non può non riconoscere. Se non ci fosse M5S in Parlamento, col cavolo che Berlusconi sarebbe decaduto da senatore col voto palese. Se non ci fosse M5S in Parlamento, col cavolo che avrebbero votato l’arresto del noto statista Genovese. E invece devo sopportare i deliri sputacchianti del sempre più gonfio (di adipe e nulla) Matteo Moccia Renzi, che ha pure il coraggio di ergersi a erede di Berlinguer: “Sciacquatevi la bocca prima di parlare di lui”. Berlinguer non ha né avrà eredi politici, né grillini né piddini, ma un po’ di verità storica farebbe bene a tutti.
Dopo la sua morte, Berlinguer è stato pressoché dimenticato proprio dal centrosinistra italiano, anzitutto per ciò che attiene al tema della questione morale. Era una vicenda troppo spinosa, e del resto anche allora c’era chi riteneva le sue analisi “supponenti” o peggio “razziste”. Prima del (bel) film di Veltroni, nessuno tra i leader amava ricordarlo: troppo imbarazzante. E adesso che lo citano, quegli stessi leader amano ricordarlo a loro uso e consumo, come fosse un santino da esibire in campagna elettorale. Dovete essere voi, anzitutto voi, a sciacquarvi la bocca quando parlate di Berlinguer. Voi, anzitutto voi che scegliete Gentile e Del Basso De Caro come sottosegretari di Governo. E Bubbico, e la Barracciu. Voi che candidate i Fassino e Chiamparino, col loro seguito di Greganti e Quagliotti. Voi che, fatalmente, non potete non piacere persino a Schettino, altro testimonial fresco e nobilissimo del renzismo.

Voi che candidate Fiandaca, negazionista caricaturale della trattativa Stato-mafia. Voi che da vent’anni reggete il moccolo a Berlusconi. Voi che, coi pregiudicati e i piduisti, ci governate pure. Voi che il pensiero Berlinguer lo avete ammazzato almeno altre due o tremila volte. Se fosse vivo, e vi vedesse così ilari fianco a fianco con Berlusconi e Alfano; se vi vedesse così vuoti di idee e morale, tra una Picierno – al cui confronto Gasparri è Socrate – con la sua mascella querula inutilmente volitiva e una Karina Huff Boschi satura di niente; se vedesse come avete ridotto la sinistra in Italia, con le vostre riforme istituzionali malamente presidenzialiste e la vostra scaltrezza furbina da paninari cresciuti poco e male: se vedesse tutto questo, cari Renzi e derivati, come minimo Enrico Berlinguer vi sputerebbe in faccia. Dimenticando per una volta la sua educazione sconfinata. E non dimenticando che, tra coloro che più lo crocifissero per la “questione morale”, c’era proprio Giorgio Napolitano. L’intoccabile e innominabile. Il comunista di destra.

Il peggiore Presidente della Repubblica possibile. Il Reuccio che tutto comanda e tutto muove, tutto decide e tutto tiene.

(23 maggio 2014)

giovedì 22 maggio 2014

Questione morale, l’ex responsabile giustizia del Pci: “Il M5S è l’erede di Berlinguer”

Intervista a Giuseppe Zupo, a cura di MicroMega

 “A miei tempi l’onestà era un dna che andava preservato accuratamente, oggi è un optional fastidioso. Il pensiero di Berlinguer è attualissimo e l’unico erede della questione morale è il Movimento 5 Stelle”. E Renzi? “E’ il nulla e sul niente c’è poco da dire”. Mentre Vendola? “Sull’Ilva di Taranto ha fatto uno scivolone terribile e avrebbe dovuto trarne immediatamente le conseguenze, non si ride con i padroni che hanno inquinato una città e prodotto morti su morti”. A parlare né Grillo né altro attivista pentastellato ma l’avvocato Giuseppe Zupo, 73 anni, responsabile nazionale giustizia del Pci ai tempi di Berlinguer e del caso Moro.

Avvocato, Lei è stato dirigente ai tempi del Partito comunista di Berlinguer. Alla luce di questa esperienza come valuta i recenti casi - per l’ultimo l’Expo - di corruzione nella politica italiana?
Allora la corruzione non aveva il peso devastante che ha assunto negli anni successivi, il maggior problema da fronteggiare per noi era quel terrorismo che generava danni e apprensione. Serpeggiava grande tensione per la risposta dei partiti alle richieste sociali: il terrorismo trovava terreno fertile tra l’insoddisfazione dei giovani e delle masse popolari. E quindi il Pci di Berlinguer si è preoccupato di riguadagnare la fiducia dei cittadini nei confronti dello Stato, da qui la questione morale e l’intransigenza sull’onestà delle Istituzioni.

Il Berlinguer della questione morale lo considera ancora attuale o superato?
E’ attualissimo. La questione morale non era ascrivibile solamente al “non rubare”, era la concezione che lo Stato e le istituzioni democratiche fossero un bene pubblico e quindi da preservare con attenzione essendo di proprietà di una comunità, frutto di sforzi di generazioni che nel passato hanno costruito le fondamenta per quelle future.
Ciò ispirava Berlinguer e il Pci: la questione morale era figlia di una grande tradizione liberale – che proviene dalla Rivoluzione francese, almeno prima che degenerasse – non relegabile al campo della sinistra ma a chiunque amasse lo Stato e le istituzioni democratiche. Come Berlinguer anche Natta, suo ultimo segretario di fiducia, si batté per tali principi. Lui fu defenestrato, mentre era in ospedale, dai vari D’Alema, Occhetto e Veltroni: lo dichiararono dimissionario – mentre era un falso - e lui apprese dal giornale radio di non essere più segretario del Pci. Prima di morire, nel 2001, ha rilasciato una bellissima intervista all’Unità in cui ha ricostruito quelle concitate giornate e si diceva preoccupato dalla degenerazione che si era creata con Occhetto.

Tra le forze politiche organizzate di oggi, vede qualcosa che abbia preso il testimone di Berlinguer sulla questione morale?
Lo so, farò inorridire i miei compagni di una volta. Sono comunista semel semper berlingueriano e dopo il Pci non mi sono iscritto a nessun partito perché nessuno ha portato più avanti quei valori. Ora vedo nel M5S l’unico possibile erede. Ho votato il movimento alle ultime elezioni nazionali e – pur non essendo un uomo ricco – l’ho finanziato. Sono andato al comizio di San Giovanni a Roma, prima del voto, e sono rimasto colpito dall’enorme partecipazione e dalla composizione della piazza: cittadini, lavoratori, giovani. La rappresentanza come servizio nelle istituzioni, a termine, per poi ritornare al proprio status di prima. Senza fortune politiche come avviene per gli altri partiti. I parlamentari 5 stelle sono persone normalissime: casalinghe, ingegneri, impiegati, gente dalla porta accanto, non arruffoni di soldi e poltrone. Per questo sono del M5S e tornerò a votarlo. Dall’altra parte abbiamo quel Pd che, tra l’incostituzionale Porcellum e la nuova legge elettorale, ha abrogato le preferenze togliendo alle persone il diritto di poter selezionare la propria classe dirigente. Il nominare loro i parlamentari è solo l’ennesimo atto di autoreferenzialità di una politica ormai lontana dai cittadini.

Qualcuno le potrebbe fare l’obiezione che nella sinistra ci sono ancora personaggi come Renzi, Civati, Vendola… Lei come risponderebbe?
Berlinguer riteneva che Occhetto fosse solo un venditore di slogan e non un costruttore di politiche. Io penso lo stesso del premier Matteo Renzi, non aggiungo altro perché per me rappresenta il nulla e sul nulla c’è poco da dilungarsi. Civati è una persona simpatica ed educata ma è compatibile al sistema, ogni volta è lì lì per rompere e poi rientra nei ranghi: voto il M5S perché voglio una forza capace di ribaltare il tavolo su cui questi signori consumano la politica e non qualcuno che cambi loro le stoviglie. Per quanto riguarda Vendola… Sull’Ilva di Taranto ha fatto uno scivolone terribile e avrebbe dovuto trarne immediatamente le conseguenze, non si ride con i padroni che hanno inquinato una città e prodotto morti su morti.

Mi scusi, una curiosità. Negli anni ’90 prima del M5S cosa votava?
Per i Comunisti italiani. Non ho mai votato né il Pds né il Pd. Poi ho smesso di sostenere anche il Pdci perché oltre a testimonianze simpatiche e colorate ci vuole ben altro.

E così l’infatuazione per il M5S…
Al M5S sono stati tesi dei trabocchetti e sorprese, come da Bersani, e i neoparlamentari hanno commesso degli errori per inesperienza e ingenuità, invece il movimento va sostenuto e fatto crescere. Il Pd ha disperso un immenso patrimonio, quello del Pci. Come diceva Natta, non hanno tenuto conto che eravamo il punto di arrivo di una particolarità storica, significativa ed apprezzata a livello internazionale: un partito socialdemocratico, sul modello scandinavo, che aveva con sé la classe operaia. E penso che tutto ciò non deve essere per forza perduto, il M5S è un’occasione. In Europa il malcontento si sta riversando verso partiti reazionari, fascisti o addirittura neonazisti mente qui da noi prende le sembianze del M5S che è invece antifascista, democratico e progressista. Basta osservare come Grillo ha replicato al corteggiamento di Marine Le Pen. Questa specificità del M5S andava compresa e sostenuta e non osteggiata come fatto dal Pd. Anche le istituzioni che continuano ad accusare il movimento di populismo sbagliano in maniera grossolana.

(15 maggio 2014)


fonte: http://temi.repubblica.it/micromega-online/questione-morale-l%E2%80%99ex-responsabile-giustizia-del-pci-%E2%80%9Cil-m5s-e-l%E2%80%99erede-di-berlinguer%E2%80%9D/


lunedì 10 marzo 2014

B.C.


sabato 15 febbraio 2014

Paradossi


domenica 19 gennaio 2014

giovedì 26 dicembre 2013

Merry Christmas, mister President

Fonte





Oggi è Natale, tempo di favole.
C'era una volta.... un re, direte voi. No, c'era un presidente della Repubblica. In quel Paese la monarchia non esisteva da tempo. Questo presidente era un uomo molto anziano, con le fattezze di un re scomparso. Il suo portamento, nonostante l'incedere dell'età, era regale, altero. Pur non essendo un re, regnava come un re. Viveva in una reggia che superava per sfarzo i palazzi dei reali d'Europa. Come un regnante nominava i suoi primi ministri, sempre però con il massimo rispetto delle istituzioni repubblicane, da lui perfettamente incarnate. La vita del presidente si era svolta da sempre nei palazzi del regno, pardon della Repubblica, sin dalla sua giovinezza. La sua presenza in quei luoghi datava ad anni lontani quando la maggior parte dei suoi sudditi, pardon cittadini, non erano ancora nati e regnava su tutte le Russie un tiranno di nome Stalin che, per alcuni, era un sincero democratico. Il vecchio signore era una presenza intramontabile. Rassicurante. La parola del presidente era sacra, inviolabile, non poteva essere udita dai magistrati. Quando ciò accadeva e una sua conversazione con un indagato veniva registrata, il presidente faceva cancellare i nastri. Il suo nome, come quello di Dio, non poteva essere nominato invano neppure nelle assise parlamentari. Il presidente non aveva data di scadenza, pur prevista nella Costituzione, e si faceva rieleggere, per il bene del Paese. Alla sua seconda rielezione contribuì un signore pluri indagato, pluri processato, che venne condannato in via definitiva e poi allontanato dal Senato. Ma il vecchio presidente come poteva saperlo? Era quasi immortale, da lui però non si poteva pretendere anche l'onniscienza. Che sapesse ciò che tutti sapevano. Il presidente si credeva indispensabile, unico baluardo prima dello sfascio della nazione, argine insostituibile. Si circondava, come un vero re, di corti di saggi scelti con estrema oculatezza che avrebbero dovuto riscrivere le regole. Dettava le condizioni del suo permanere ai primi ministri, ridotti alla stregua di gran ciambellani. Più invecchiava, più capiva che lui, solo lui, poteva invertire un percorso che si annunciava autodistruttivo. Non capiva perciò la contrarietà e perfino l'astio che molti dei cittadini gli rivolgevano. E' vero che non si era opposto energicamente ad alcune leggi vergogna, come il lodo Alfano che persino un bimbo avrebbe bocciato come incostituzionale e che si era preso libertà che sconfinavano dal suo ruolo, ma era per il bene supremo del Paese. Ogni anno a Capodanno, da tempo immemore, il presidente faceva un discorso al popolo. Questa tradizione si ripete forse l'ultima volta. A gennaio lo aspetta una richiesta di impeachment per la sua decadenza. Un atto spiacevole verso chi ha dedicato la sua intera esistenza alla patria. Un atto da parte di una forza politica a lui forse ignota, della cui presenza non si era accorto, il presidente non sentiva infatti i boom. L'impeachment è un atto d'amore per consentirgli di godere un meritato riposo con la sua famiglia e di trascorrere serene giornate sulle panchine del Pincio con dei vecchi amici. Chissà se ringrazierà. Merry Christmas, mister President.

martedì 24 dicembre 2013

Buone Feste


sabato 14 dicembre 2013

giovedì 12 dicembre 2013

Alla Camera continua la disinformazione | Roberto Perotti


http://www.lavoce.info/costi-della-camera-fondo-di-sostenibilita-tra-onorevoli-deputati/
La Camera annuncia di “rinunciare” a 50 milioni dallo Stato. Ma se ne fa trasferire 40 da un altro fondo. Annuncia anche tante misure di risparmio: alcune sono minime, molte false. E tace sui tanti aumenti di spesa. Risultato: la spesa continua ad aumentare.
Carlo passa tutto il giorno al bar e non ha voglia di lavorare. Solo per sigarette e alcol spende 20 euro al giorno. E’ mantenuto dalla moglie Alice, che prima di andare a lavorare gli lascia 20 euro sul tavolo della cucina. Un giorno Carlo annuncia che ha capito di avere sbagliato, e che cambierà vita. Ma dopo tre anni Carlo ricomincia a chiedere 20 euro al giorno. Alice, costernata, chiede agli amici, e scopre l’ amara verità: Carlo non ha mai smesso di fumare e bere. Semplicemente, per tre anni si è pagato alcol e tabacco attingendo al fondo che lui e Alice avevano messo da parte per la pensione. Ora Alice si arrabbia davvero: non solo Carlo non ha “risparmiato” un bel niente, ma ha sprecato questi tre anni in cui avrebbe potuto imparare a disintossicarsi, invece di imbrogliarla con la favola del risparmio.
La Camera dei Deputati ha fatto esattamente come Carlo. Ha annunciato con grande fanfara di aver “risparmiato” 60 milioni rispetto all’ anno scorso, riducendo la richiesta allo Stato – la “Dotazione annuale” – di 50 milioni, e restituendo allo Stato 10 milioni “risparmiati” l’ anno scorso.
UN MISTERO NASCOSTO NELLE PIEGHE DEL BILANCIO
Tutti questi “risparmi“ sono sospetti, perché di fatto la spesa della Camera è destinata ad aumentare, secondo il suo stesso bilancio, tra i 10 e i 140 milioni, a seconda che si guardi agli impegni di competenza o ai pagamenti di cassa. La soluzione del mistero è nascosta nelle pieghe del bilancio della Camera. E ci dice che in realtà entrambi i “risparmi” del 2013 sono inesistenti.
Primo, la Camera chiede 50 milioni in meno di Dotazione annuale, ma si guarda bene dal dire che in compenso si fa trasferire 40 milioni dal Fondo di solidarietà fra gli onorevoli deputati – un fondo poco conosciuto che serve principalmente a finanziare le indennità di fine mandato, e che sono sempre soldi dello Stato, cioè del contribuente. Il risultato netto per il contribuente è ovviamente quasi zero. (Per inciso, la stessa “restituzione” è prevista per il 2014 e il 2015: dato che il Fondo aveva un patrimonio netto nel 2012 di 180 milioni, questi trasferimenti ben presto esauriranno il Fondo).
Secondo, il “risparmio” di 10 milioni restituito allo Stato è in realtà una cifra che era stata stanziata nel 2012 e poi mai effettivamente restituita allo Stato, e messa come residuo del 2012 (che si trattasse di un risparmio reale già nel 2012 stesso è dubbio, ma questo è un altro discorso).
LA STRANA ALGEBRA DELLA CAMERA
Dunque non ci sono “risparmi”: né potrebbe essere altrimenti, perché la spesa della Camera aumenterà. Eppure, si obietterà, la Camera ed il suo Presidente, On. Boldrini, hanno continuato a snocciolare esempi di minori spese. Il sito della Camera ha persino una intera pagina web dedicata a “Riduzione delle spese”. Per evitare ingiustizie, vediamo i due documenti separatamente, relativi a questa e alla precedente legislatura.
In questa legislatura, la Camera elenca sette provvedimenti di riduzione di spesa, che quantifica in totale a 8,5 milioni. Commendevole, e meglio di niente. Ma accanto a questi piccoli risparmi, vi sono tanti casi di aumento di spesa – a cominciare dall’enorme aumento di 20 milioni, che ho documentato nella seconda puntata, delle spese per informatica. La spesa totale, che è ciò che interessa al contribuente, aumenta.
Ma il problema è che a questo punto è difficile fidarsi di tutto quello che esce dalla Camera. Si prenda una delle sette misure, la “Soppressione dei fondi forfetari di rappresentanza previsti per i singoli titolari di cariche interne; riduzione del 50 percento degli stanziamenti complessivi per le spese di rappresentanza effettuabili per finalità istituzionali; obbligo di rendicontazione per queste spese.” Chiunque legga questo passaggio ha diritto di pensare che le spese di rappresentanza della Camera diminuiranno. Tuttavia, le spese totali per rappresentanza (dal capitolo 205 del bilancio) passano da 482.000 euro di impegni e 665.000 euro di previsione nel 2012 a 673.000 euro nel 2013. Qualcuno dovrà spiegare che algebra viene usata alla Camera.
Ugualmente, e forse più, fuorviante è il documento della Camera del 20 Dicembre 2012, quindi della precedente legislatura. Ecco i due “risparmi” principali.
“Riduzione dell’8,60 per cento della spesa per i deputati” (p. 5). Questi sono i numeri ufficiali:
La riduzione dell’ 8,6 percento si riferisce presumibilmente al raffronto tra previsione di cassa 2013 e previsione di cassa 2012 (1): ma se abbiamo già il dato effettivo del 2012, che ragione c’è di usare la previsione (rivelatasi sbagliata) per un raffronto? I dati rilevanti sono le ultime due righe: nel primo caso la spesa aumenta, nel secondo scende dell’ 1,5 percento. E come potrebbe essere altrimenti? Nessun provvedimento sostanziale è stato preso per ridurre la spesa per deputati nel 2013.
“Riduzione di circa il 25 per cento a decorrere dal 2012 del capitolo di spesa per la locazione di immobili (oltre 14 milioni).” (p. 9) Anche qui, i numeri ufficiali sono:
La spesa per locazioni aumenterà dunque di oltre 4 milioni. Riduzione del 25 percento?
Tutto questo non è una questione di puntiglio contabile. La politica italiana non si è resa conto che ci vuole un segnale forte: la Camera deve ridurre la spesa di 200 milioni, veri e subito. Non basta annunciare con squillo di tromba misure da 2 o 3 milioni, peraltro largamente incomprensibili come “la ridefinizione delle regole di utilizzo delle autovetture di servizio da parte di deputati titolari di cariche interne”. Se poi il risparmio non c’è del tutto, e anzi la spesa continua ad aumentare, allora per il cittadino al danno si aggiunge la beffa. E quando la corda si spezza, le conseguenze sono imprevedibili.
Leggi la puntata precedente “La Corte Costituzionale: uno scandalo nascosto” o vai allo Speciale con tutte le altre puntate
(1) La riduzione non è esattamente dell’ 8,6 percento presumibilmente perché all’ epoca della compilazione del documento (dicembre 2012) la previsione per il 2013 era diversa.

Le quote di banca d'Italia | Angelo Baglioni


http://www.lavoce.info/quote-bdi/
La Banca d’Italia diventerà una public company con un semplice decreto del Governo. Sono sicuri, Letta e Saccomanni, di fare questa discutibile riforma storica nell’interesse degli italiani?
Nel paese dove le imprese hanno una proprietà concentrata e dove si difende a oltranza l’italianità delle imprese “strategiche” (a cominciare da Alitalia), il Ministro del Tesoro si vanta di avere fatto diventare Banca d’Italia una public company. Il decreto legge approvato il 27 novembre stabilisce infatti che “ciascun partecipante al capitale non potrà possedere – direttamente o indirettamente – una quota di capitale superiore al 5 per cento”. I soggetti, italiani ed europei, autorizzati a detenere quote nella Banca d’Italia saranno “banche, fondazioni, assicurazioni, enti ed istituti di previdenza, inclusi fondi pensione”. Così si legge nel comunicato stampa del Ministero. Ma chi ha detto che gli italiani vogliono che la loro banca centrale diventi una public company? Senza il minimo dibattito politico, si è proceduto per decreto ad una riforma storica dell’assetto proprietario e della governance della Banca d’Italia. Il governo non si è preoccupato di dire nulla sulle possibili conseguenze del fatto che le quote di partecipazione nella nostra banca centrale diventeranno liberamente trasferibili, cioè scambiabili sul mercato. Il fatto che siano riservate a intermediari finanziari europei non è una grande garanzia, visto che questi soggetti possono essere a loro volta controllati da altri soggetti, anche di altra natura e non europei. Il limite del 5 per cento può essere aggirato attraverso accordi che consentano a un gruppo di proprietari di coordinarsi tra di loro. La legge del 2005 (mai attuata), che prevedeva il trasferimento allo Stato della proprietà della Banca d’Italia, è stata cestinata. Tutto questo perché? Per consentire al Tesoro di incassare un gettito immediato (di circa 1,2 – 1,5 miliardi) tassando la plusvalenza realizzata dalle banche sulle loro quote nella banca centrale. Da parte loro, le banche migliorano, grazie alla plusvalenza stessa, i ratios patrimoniali. Peraltro, l’onere fiscale immediato verrà recuperato nel giro di tre/quattro anni, visto che la remunerazione (massima) del capitale passerà a 450 milioni l’anno (rispetto ai 70 milioni del 2012). Mentre si dibatte all’infinito di come tassare la prima casa e di quando/se fare decadere un evasore fiscale dalla carica di senatore, nessuno (governo, politici, media) si preoccupa di discutere sul fatto che chiunque potrà comprarsi un “pezzo” della Banca d’Italia. Un’eccezione: lavoce.info