Prima di tutto vennero a prendere gli zingari e fui contento perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali e fui sollevato perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti ed io non dissi niente perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me e non c'era rimasto nessuno a protestare.
(Bertolt Brecht)

giovedì 27 agosto 2009

La RAI di regime




( da "la Repubblica.it)

Riporto testualmente un articolo di "Repubblica" di oggi, scusandomi se in questo frangente non sono in grado di commentare ed esprimere la mia opinione a riguardo, ma lo "schifo" e lo "sdegno" prevalgono su qualsiasi altra considerazione.

La Rai rifiuta il trailer di Videocracy "E' un film che critica il governo"

di Maria Pia Fusco

ROMA - Nelle televisioni italiane è vietato parlare di tv, vietato dire che c'è una connessione tra il capo del governo e quello che si vede sul piccolo schermo. La Rai ha rifiutato il trailer di Videocracyil film di Erik Gandini che ricostruisce i trent'anni di crescita dei canali Mediaset e del nostro sistema televisivo. "Come sempre abbiamo mandato i trailer all'AnicaAgis che gestisce gli spazi che la Rai dedica alla promozione del cinema. La risposta è stata che la Rai non avrebbe mai trasmesso i nostri spot perché secondo loro, parrà surreale, si tratta di un messaggio politico, non di un film", dice Domenico Procacci della Fandango che distribuisce il film. Netto rifiuto anche da parte di Mediaset, in questo caso con una comunicazione verbale da Publitalia. "Ci hanno detto che secondo loro film e trailer sono un attacco al sistema tv commerciale, quindi non ritenevano opportuno mandarlo in onda proprio sulle reti Mediaset". A lasciare perplessi i distributori di Fandango e il regista sono infatti proprio le motivazioni della Rai. Con una lettera in stile legal-burocratese, la tv di Stato spiega che, anche se non siamo in periodo di campagna elettorale, il pluralismo alla Rai è sacro e se nello spot di un film si ravvisa un critica ad una parte politica ci vuole un immediato contraddittorio e dunque deve essere seguito dal messaggio di un film di segno opposto. "Una delle motivazioni che mi ha colpito di più è quella in cui si dice che lo spot veicola un "inequivocabile messaggio politico di critica al governo" perché proietta alcune scritte con i dati che riguardano il paese alternate ad immagini di Berlusconi", prosegue Procacci "ma quei dati sono statistiche ufficiali, che sò "l'Italia è al 67mo posto nelle pari opportunità"".
A preoccupare la Rai sembra essere questo dato mostrato nel film: "L'80% degli italiani utilizza la tv come principale fonte di informazione". Dice la lettera di censura dello spot: "Attraverso il collegamento tra la titolarità del capo del governo rispetto alla principale società radiotelevisiva privata", non solo viene riproposta la questione del conflitto di interessi, ma, guarda caso, si potrebbe pensare che "attraverso la tv il governo potrebbe orientare subliminalmente le convinzioni dei cittadini influenzandole a proprio favore ed assicurandosene il consenso". "Mi pare chiaro che in Rai Videocracy è visto come un attacco a Berlusconi. In realtà è il racconto di come il nostro paese sia cambiato in questi ultimi trent'anni e del ruolo delle tv commerciali nel cambiamento. Quello che Nanni Moretti definisce "la creazione di un sistema di disvalori"". Le riprese del film, se pure Villa Certosa si vede, è stato completato prima dei casi "Noemi o D'Addario" e non c'è un collegamento con l'attualità. Ma per assurdo, sottolinea Procacci, il collegamento lo trova la Rai. Nella lettera di rifiuto si scrive che dato il proprietario delle reti e alcuni dei programmi "caratterizzati da immagini di donne prive di abiti e dal contenuto latamente voyeuristico delle medesime si determina un inequivocabile richiamo alle problematiche attualmente all'ordine del giorno riguardo alle attitudini morali dello stesso e al suo rapporto con il sesso femminile formulando illazioni sul fatto che tali caratteristiche personali sarebbero emerse già in passato nel corso dell'attività di imprenditore televisivo". "Siamo in uno di quei casi in cui si è più realisti del re - dice Procacci - Ci sono stati film assai più duri nei confronti di Berlusconi come "Viva Zapatero" o a "Il caimano", che però hanno avuto i loro spot sulle reti Rai. E il governo era dello stesso segno di oggi. Penso che se questo film è ritenuto così esplosivo vuol dire che davvero l'Italia è cambiata".

venerdì 21 agosto 2009

Cervelli in affitto



In Italia parliamo sempre troppo spesso (purtroppo) della "fuga di cervelli", evidenziando una situazione deplorevole e assurda che costringe i nostri giovani e brillanti ricercatori ad espatriare per potere trovare le condizioni necessarie a svolgere il loro prezioso lavoro.
Esiste però, a mio avviso, un altro grave fenomeno di enorme gravità, che impatta ancor più drammaticamente sulla nostra società, e cioè i

"cervelli in affitto".

Milioni di italiani infatti, delegano la gestione delle proprie facoltà mentali a un uomo piccolo e basso che si fa chiamare premier ,anziché duce come più gli calzerebbe, che porta i rialzi nelle scarpe con la stessa disinvoltura con cui abusa di Viagra.

Più volte infatti, almeno per quel che mi riguarda, si incappa in donne e uomini che presi da una sorta di "fanatismo" non danno segno di alcuna attività neurologica quando si tratta di analizzare aspetti della loro (e nostra) vita quotidiana che vengono abusivamente e impropriamente gestiti da un piccolo uomo di nome berlusconi.

Queste persone parlano ed espongono il loro "punto di vista" utilizzando frasi fatte e slogan pronunciate, confezionate per loro dal regime; hanno probabilmente ricevuto per posta da silvio un "breviario" che possa essere consultato per districarsi (in malo modo) da ogni situazione.
Bisogna cercare di intervenire per risolvere questo problema, in quanto sicuramente questi nostri concittadini che affittano il loro cervello (peraltro senza incassare nessun canone di locazione) non si trovano in una situazione irreversibile, ma semplicemente, passano troppo tempo davanti alla tv;
impegniamoci ad aiutarli, a farli uscire di casa, a fargli vedere cosa succede nelle strade pattugliate dalle ronde, oppure facciamogli vedere la bandiera tricolore, oppure ancora portiamoli a conoscere chi ha un lavoro precario o che addirittura non ne ha o lo sta perdendo.

In conclusione credo che, a prescindere dal colore politico, vivere la realtà che ci circonda con spirito critico e di analisi possa portare del buono per tutti, anche se agire in questo modo richiede sicuramente più impegno che stare seduti davanti la tv.

domenica 9 agosto 2009

domenica 2 agosto 2009

2 agosto 1980: Strage di Bologna . Dopo 29 anni ancora nessun rispetto per le vittime

(Tratto da "Articolo 21")

“Per non dimenticare” è quello che ogni bolognese, che ogni cittadino, che crede nella democrazia dovrebbe dire a sé stesso, aggiungendo: “Domenica 2 agosto sarò nel corteo che da piazza Nettuno, passando per via dell’Indipendenza, raggiungerà piazza Medaglie d’Oro, quella della stazione di Bologna dove ventinove anni fa, alle ore 10,25, persero la vita 85 persone e 200 furono i feriti”. Il nostro paese ha la memoria corta e la politica aiuta gli italiani a dimenticare. Lo si sta facendo su tutto ciò che divide a cominciare dalla Resistenza con i molteplici tentativi di far diventare i fascisti di Salò, che dopo l’8 settembre ’43 si unirono ai nazisti di Hitler, uguali ai partigiani che invece morirono per liberare l’Italia dagli oppressori. Lo scorso 25 aprile, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che da ventinove anni non riesce a trovare un po’ del suo tempo per essere a Bologna il 2 agosto insieme all’Associazione dei famigliari delle vittime (basterebbe una festa in meno a villa Certosa o un incontro in meno con una delle tante escort), ha proposto di sostituire la parola Liberazione con libertà, in disprezzo della storia. L’Italia della memoria e dell’orgoglio gli ha risposto, giustamente, con una pernacchia.
Commemorare tutte le vittime del terrorismo e delle stragi va ben oltre al valore del ricordo. Serve ai giovani, a quelli che non erano nati quando accaddero i fatti, che devono sapere che da noi, dal dopo guerra ad oggi, vi sono state 14 stragi, tutte rimaste senza mandanti nonostante che il fine politico sia sempre stato evidente. Quella della menzogna e dell’omertà, come più volte denunciato dal presidente dell’Associazione dei famigliari delle vittime Paolo Bolognesi, è una strada che paga.
Una recente inchiesta tra i giovani bolognesi (studenti universitari e non) ha dimostrato che la maggior parte pensa che a mettere la bomba alla stazione siano state le Brigate rosse. Nel 1990 il presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga contestò la dicitura sulla lapide “Vittime del terrorismo fascista”.
Gli innumerevoli processi, dopo anni di indagini, hanno individuato che le responsabilità appartengono a neofascisti, alla loggia massonica P2 e ai Servizi segreti. I nomi: Licio Gelli, il faccendiere Francesco Pazienza, gli ufficiali del SISMI, Musumeci e Belmonte, tutti condannati per depistaggio e tutti liberi. Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini (l’unico in carcere perché condannato solo nel 2007), neofascisti dei Nar, sono gli esecutori materiali della strage. Da qualche anno a questa parte esce ciclicamente il tentativo di assolvere i neofascisti dall’essere stati gli esecutori materiali della strage, l’ultimo è avvenuto recentemente quando la magistratura italiana ha per la prima volta interrogato il terrorista Carlos, detto lo Sciacallo, il cui vero nome è Ilich Ramirez Sanchez. Le sue parole: “La strage del 2 agosto non è opera né dei rivoluzionari, né dei fascisti, l’Italia è una semi colonia degli Stati Uniti …”. In sostanza nessun nome, solo parole al vento. Vorrei ricordare a quei giovani che non sanno chi sono i neofascisti Valerio Fioravanti e Francesca Mambro (e che, nonostante i complessivi 17 ergastoli, girano tranquillamente liberi per le strade di Roma), alcuni nomi delle loro tante vittime: Roberto Scialabba, Mario Amato, Maurizio Arnesano, Francesco Mangiamelli, Enea Condotto, Antonio Leandri, Luigi Maronese, Marco Pizzari, Francesco Straullu, Ciriaco Di Roma, Alessandro Caravillani. La maggior parte di questi freddati con colpi sparati a bruciapelo.
Lo scorso anno per il governo intervenne il ministro Rotondi disse che in democrazia tutte le opinioni «sono uguali ed hanno gli stessi diritti il democristiano come l’anti, il berlusconiano o l’anti, il comunista o l’anti, ma l'antifascismo non è una opinione, è una ragione costitutiva della nostra democrazia». Dimenticando che il presidente del consiglio è Silvio Berlusconi “fratello” tessera P2 numero 1816, di cui Licio Gelli (condannato per depistaggio nella strage) ha detto a proposito della sua iniziazione: “Avvenne nel 1977, nella sede di via Condotti. C’erano anche Gervasio e il medico Fabrizio Trecca, che erano un po’ i capofila del raggruppamento riservato agli operatori dei mass media. Lo stesso che riuniva tutti i giornalisti iscritti. Finita l’iniziazione gli consegnammo i guanti, il grembiule e una tessera di Apprendista. Sbagliando: perché doveva essere da Maestro. Berlusconi ce la mandò indietro e noi gliela cambiammo, allegando una lettera di scuse”.
Sulla sua iscrizione il premier nel 1990 fu condannato dalla Corte di Appello di Venezia per aver giurato il falso davanti al tribunale di Verona.
Il 2 agosto è il giorno anche delle false promesse da parte dei governi: non è ancora stata pienamente applicata la legge 2006 del 2004 sulle vittime del terrorismo e delle stragi. L’ultima polemica in ordine di tempo, denuncia fatta da Paolo Bolognesi, riguarda le pensioni di invalidità per i feriti: “Fino ad oggi l’Inps non ha applicato la legge. E il governo anziché fargliela applicare ha chiesto un parere al Consiglio di Stato. Il risultato è stato che l’Istituto di previdenza dei dipendenti pubblici ha revocato una sua precedente decisione rendendo provvisorie le pensioni definite d’invalidità all’80% erogate dal 2006”.
Ancora una volta nessun rispetto per le vittime.